domenica 28 novembre 2010

Se i nostri sentimenti sono puri...

Sento le foglie cadute, il loro odore d'erba bagnata misto alla terra marcia. Il rumore dei miei passi nel parco. Il tempo che passa. L'aria fredda sul viso.

Cammino e guardo le giostre per bambini, deserte. Da qui è appena visibile il lato esterno del seminario. Un fratello mi saluta da lontano, sta camminando anche lui in mezzo agli alberi del parco cittadino, forse sta rimuginando le parole che Padre Luigi ci ha detto. Quella cosa su cui insisteva, sul non stare a perdere tempo ad ingannarci, che siamo giovani e possiamo cambiare idea da un giorno all'altro e allora tanto vale cambiarla subito e andarsene.

Do un calcio ad una pigna, rotola e va a sbattere contro un tronco. Se i ragazzi del mio quartiere mi vedessero così, conciato in questo modo, con il saio addosso. Penserebbero che mi sono completamente rincoglionito. Mi immagino la faccia che farebbero Raffa e Pietro, con cui fumavamo spinelli di nascosto e ci ubriacavamo di vinello economico. Il fatto che io mi sia rincoglionito è comunque la versione ufficiale, nel senso che nella vecchia comitiva alla fin fine dovevano spiegarsela in qualche modo, e se la sono spiegata così.

Non dovrei pensare a quella vita, mi viene in mente Monica e la sua delusione nel vedermi partire. Il suo dirmi che sono un vile attraverso lo sguardo di compassione, le espressioni di circostanza, le battutine innocue. Tipo "va be, sarà un po come continuare l'università, si studia molto anche lì...". Mi ricordo come ho cercato in tutti i modi, negli ultimi giorni, di dirle un'unica cosa. Restituendole i libri prestati, regalandole una bottiglia di vodka che non avrei mai bevuto, portandole perfino un fiore, cosa che non avevo mai fatto. Dimenticami Monica, questo il pensiero che avevo in testa. Ma ora che ci ripenso, lei potrebbe aver interpretato il mio rituale d'addio in tutt'altro modo.

All'inizio era anche lei entusiasta di questo ritrovare la religiosità. Eravamo a letto e dopo aver fatto l'amore leggevamo passi della bibbia. Ci abbracciavamo e prima di andare a dormire ringraziavamo il Signore per quelle giornate intense e indimenticabili. Ridevamo perfino del comportamento strano di Abramo, dei dispetti che Dio fa agli uomini, di cui è pieno il vecchio testamento. Io una volta dissi che io e lei non peccavamo, perché se i nostri sentimenti erano puri eravamo come sposati. "Ti stai costruendo la tua religione su misura?", rideva, poi diceva che era bello quello che avevo detto, ma il matrimonio vero sarebbe stato in chiesa e sarebbe stata una gran festa con un sacco di invitati.

Calpesto foglie gialle autunnali, umide di pioggia. Lascio andare i miei pensieri, li slego dalle resistenze che hanno subìto negli ultimi giorni,  permetto a ogni idea di farsi largo nel mio cervello. E' come una sorta di confessione che affido alla mia scatola cranica. La mia fantasia ha sempre vissuto di vita propria, in modo perfino imbarazzante. La lascio andare come una sfida contro me stesso. Come se volessi esplorare il fondo di una discarica. Rivedo allora la mia stanchezza davanti al suo corpo nudo, le strane fantasie che ogni tanto mi apparivano in testa, la sensazione che il significato che aveva permeato la nostra vita in comune, si ritirasse come una bassa marea, un lago che evapora inesorabilmente.

Si è fatto tardi, la pausa sta per finire e dobbiamo tornare nella sala adiacente la chiesetta. Un francescano mi fa segno da lontano. Sorride. Siamo ancora all'inizio. Questa fase del percorso vocazionale si chiama discernimento. Per un attimo mi vengono in mente i tre giorni della visita militare. Chiudo gli occhi e prego Dio di guidarmi verso la giusta direzione.

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